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Le azioni a difesa del possesso

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Le azioni a difesa del possesso

Il nostro ordinamento riconosce al possessore di un bene, mobile o immobile, una tutela giuridica nei confronti di chi lo abbia privato del bene o gli abbia arrecato molestie o turbative.

In questi casi si parla di “spoglio” da parte del soggetto che ha privato il possessore del godimento del bene e di “azioni possessorie” con riferimento alle azioni giudiziarie a tutela del possesso.

Tali sono le azioni “di reintegrazione” e “di manutenzione”, disciplinate agli articoli 1168 e 1170 del codice civile.

AZIONE DI SPOGLIO O REINTEGRAZIONE

La prima riguarda l’ipotesi di spoglio avvenuto violentemente o clandestinamente, cioè mediante l’esercizio di forza o in modo occulto. Perché si abbia spoglio è necessario che l’autore dello stesso abbia compiuto atti che impediscono al possessore del bene di goderne.
Per chiarire meglio, facciamo l’esempio dell’abusivo cambio di serratura (ad una porta, ad un cancello d’ingresso o ad una cassetta di sicurezza) da parte di terzi, che impediscono al possessore di utilizzare il bene.

La Corte di Cassazione, a tal proposito, ha chiarito che in tema di azioni possessorie, configura un atto di spoglio la sostituzione della serratura della porta di accesso all’immobile da parte dei detentori, se ad essa non sia seguita la consegna di copia delle chiavi ai proprietari che ne avevano fatto richiesta, qualificandosi tale azione come privazione del possesso fino ad allora esercitato dai proprietari. (Cass. 14819/2014  conforme a Cass. 1426/2004).

Per essere reintegrato nel possesso, dunque, il soggetto cha ha subito la spoglio, entro un anno dallo spoglio – o, nel caso di spoglio clandestino, entro un anno dalla scoperta dello spoglio – dovrà rivolgersi al Tribunale competente, che, oltre ad ordinare il ripristino della situazione anteriore allo spoglio, potrà condannare l’autore dello spoglio al risarcimento dei danni subiti dal possessore a causa della privazione del possesso.

Importante è rilevare che l’accertamento del giudice prescinde dalla titolarità del possessore, cioè dal diritto alla base del possesso (diritto di proprietà o altro diritto reale); l’azione possessoria, infatti, è caratterizzata dalla sommarietà e celerità del procedimento, fondato solo sulla prova dello spossessamento o della turbativa.

AZIONE DI MANUTENZIONE

Ciò vale sia per l’azione di reintegrazione che per l’azione di manutenzione; quest’ultima, a differenza della prima, non presuppone necessariamente lo spoglio del bene ma tutela il possessore da attività moleste che turbano l’esercizio del possesso. 

L’azione di manutenzione, pertanto, ha lo scopo di mantenere la situazione possessoria invariata, ed ha, inoltre, funzione preventiva nei confronti di eventuali e nuove molestie, in quanto può essere esercitata anche qualora sussista un semplice pericolo di molestia.

Essa può essere esperita solo a tutela del possesso di beni immobili o di universalità di mobili, per evitare che il suo esercizio divenga un ostacolo alla circolazione delle merci.
Ulteriore presupposto dell’azione di manutenzione è che il possesso duri da un anno in modo continuo e non interrotto e non sia stato acquisito violentemente o clandestinamente, a meno che la violenza o clandestinità sia cessata da almeno un anno.

ALCUNI ESEMPI

Detto ciò, non è sempre facile distinguere tra azione di reintegrazione ed azione di manutenzione, in quanto spesso l’attività posta in essere nei confronti del possessore ha le caratteristiche dello spossessamento e della molestia.

A tal proposito, la Cassazione ha affermato che integra gli estremi di uno spoglio, e non quelli di una semplice molestia, la privazione anche soltanto parziale del possesso, la quale può manifestarsi con un atto che restringa o riduca le facoltà inerenti il potere esercitato sull’intera cosa, oppure diminuisca o renda meno comodo l’esercizio del possesso medesimo, come nell’ipotesi di eliminazione di una conduttura e di procurata inutilizzabilità di una fossa biologica, facente parte di una fognatura, tale da incidere negativamente sulla possibilità di esercizio di una servitù di scarico (Cass. 1494/2013).

Una caso molto frequente di esercizio dell’azione di manutenzione riguarda la violazione delle distanze legali tra costruzioni che integri una molestia nel possesso.
Anche qui la Cassazione fornisce un chiarimento, portando l’esempio del caso di trasformazione del tetto in terrazzo, munito di riparo o ringhiera, che venga a trovarsi a distanza inferiore a quella legale rispetto all’altrui fondo, precisando che il comodo affaccio esercitabile su di questo costituisce turbativa del possesso del vicino.

Tale possesso è reclamabile con l’azione di manutenzione ed alla predetta turbativa è possibile porre rimedio con l’esecuzione di opere idonee, secondo l’insindacabile apprezzamento del giudice di merito in quanto sorretto da coerente motivazione, ad evitare l’affaccio a distanza inferiore a quella legale.(Cass. 11201/2008).

FONTE: Notai.it

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